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Come fare il ramen giapponese

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Che io sia amante del Giappone ormai non è una novità, ho avuto modo di parlarne svariate volte e avevo già scritto qualcosa anche sul ramen, ma prepararlo da me, quello non lo avevo ancora mai fatto.

Come al solito quando mi approccio ad una ricetta nuova e complessa, prima di mettere davvero le mani in pasta leggo, studio, confronto ricette, tecniche, ingredienti. Questa fase preparatoria è una delle parti che mi piace di più e forse uno dei motivi per cui continuo ancora a tenere vivo questo blog dopo 8 anni: nel suo piccolo mi permette di imparare sempre qualcosa di nuovo e di poterlo condividere.

Trovare una ricetta di riferimento del ramen è un’impresa abbastanza difficile, perchè di fatto non esiste una sola ricetta, motivo per cui alla fine ho costruito la mia prendendo vari spunti. In Giappone ogni Ramen-ya ha i suoi segreti e sono ben custoditi! In tutto il paese esistono più di 35.000 ristoranti di ramen e ben l’80% di questi sono piccole locande a gestione familiare. Questo vuol dire che non importa quanto ramen mangerete, ogni ciotola avrà un sapore diverso dalla precedente!

Ma partiamo dalle basi…

Cos’è il ramen?

Per dirla in parole molto semplici, il ramen è una zuppa composta da brodo, noodles e condimenti di vario tipo.

Il brodo

Il brodo è il cuore della ricetta e può essere preparato in svariati modi: in genere viene fatto con pollo e/o ossa di maiale, a cui viene aggiunto il dashi, una preparazione base che è quasi onnipresente nella cucina giapponese. Il dashi è anch’esso un brodo (ma decisamente più semplice da preparare!) che può esser fatto con  katsuobushi (ossia scaglie di tonnetto essiccato) e alga kombu, niboshi (piccole sardine essiccate), funghi shitake e alga kmobu o sola alga kombu. Tutti gli ingredienti utilizzati per il dashi sono estremamente ricchi in umami,  il quinto senso del gusto importantissimo nella cucina giapponese e scoperto proprio da loro circa un secolo fa (non a caso all’inizio degli anni 80 a Tokyo è stato istituito l’Umami Information Centre).

La cottura del brodo ne determina poi lo spessore. Un brodo cotto a temperatura maggiore e per lungo tempo risulta essere più consistente, quasi cremoso e dal colore opaco. Questo perchè con una cottura di questo tipo l’acqua e i grassi che in genere restano separati, si emulsionano. La zuppa è quindi ricca di grassi e collagene estratti dalle ossa di maiale e le parti di pollo (come le zampe, ricche di collagene). Ramen di questo tipo vengono definiti paitan (o kotteri) e un esempio classico è il tonkotsu.

Al contrario, con una cottura a temperatura più bassa e per tempi più brevi i grassi si separano chiaramente dall’acqua e possano essere eliminati durante la cottura stessa. Queste zuppe sono chiare e più leggere e vengono definite chintan (o assari) .

La tare

Alla base che è il brodo viene poi aggiunta una tare, ossia una salsa, che va ulteriormente ad insaporire il brodo aggiungendo sapidità e altro umami. Queste salse si distinguono in:

shoyu: è la parola giapponese per “salsa di soia” e sta ad indicare appunto un brodo insaporito con tare a base di salsa di soia.
miso: è la pasta di soia fermentata e anch’essa viene spesso utilizzata per la tare. Il miso, così come la salsa di soia, sono ingredienti ricchi di umami.
shio: significa “sale” ed indica quindi una zuppa leggera e chiara, insaporita con il sale.

Questi 3 ingredienti sono quindi  la base della tare, ma vengono arricchiti poi da svariati altri componenti (aglio, olii, mirin, sake, spezie, zenzero etc). Non c’è una regola precisa qui, gli ingredienti aggiuntivi e le quantità dipendono dal gusto personale.

I noodles

I noodles sono fatti con farina di frumento, sale, acqua e kansui, una soluzione alcalina che viene aggiunta all’impasto, aumentandone il pH a circa 9.0. Il kansui fa sì che vengano rilasciati dei pigmenti gialli che conferiscono appunto una sfumatura giallognola ai noodles, inoltre li rende elastici e aumenta la loro capacità di assorbire l’acqua. In Italia è molto difficile reperire il kansui, ma è possibile prepararlo in casa cuocendo il bicarbonato di sodio in forno per 1 ora a 120°C.

Le proporzioni di farina, acqua e kansui possono variare dando come risultato dei noodles più o meno gialli, elastici e dalla consistenza più ruvida. Nella mia ricetta il bicarbonato è stato proporzionale al 2% della farina e la soluzione di acqua, polvere alcalina e sale è stata il 40% della farina.

Anche le combinazioni di farina possono variare: si possono utilizzare farine più ricche di proteine o miscelare farine raffinate con farine integrali. Io per esempio ho deciso di aggiungere una piccola quantità di farina integrale.

Ultima caratteristica è la forma e lo spessore: anche queste possono variare, vi capiterà per esempio di trovare ramen con noodles “ondulati” e altri con noodles “dritti”, altri più spessi e altri più sottili. Per lavorare la pasta e tagliarla io ho utilizzato la macchina della pasta Imperia.

I condimenti

La ciotola di brodo e noodles viene infine guarnita  con un sacco di condimenti, come fettine di pancetta di maiale brasata (chashu), germogli di soia crudi o cotti, uova, alghe wakame o nori tostate, fettine di tortine di pesce (naruto e kamaboko), cipollotto o porro affettato, funghi, mais, burro e molto, molto altro ancora. Io ho optato per il chashu e le uova marinate.

La mia ricetta

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Per il mio ramen ho deciso di preparare tutto in casa, dal brodo ai noodles ai condimenti.

Una cosa importante da considerare sono i tempi: alcune cose vanno preparate in anticipo, è utile quindi pianificare le preparazioni e iniziare qualche giorno prima. Il kansui potete prepararlo con diversi giorni di anticipo e poi conservarlo in un contenitore ermetico. Si conserva a lungo. Basta cuocerlo in forno per 1 ora a 120°C e poi riporlo in un contenitore ermetico. Potete prepararne anche di più della dose che vi servirà e conservare ciò che avanza. Evitate solo di toccarlo con le mani, perchè può dare irritazione.

Noterete che le mie dosi sono abbondanti perchè l’ho preparato per la famiglia al completo, potete ridurle mantenendo le stesse proporzioni in base alle vostre necessità!

Ingredienti (per 9 persone)

Per il brodo
4l acqua
450g pollo (carcassa e zampe)
450g macinata di maiale
1kg ossa di maiale
1 cipolla
1 porro
1 carota
5 fette zenzero fresco
70g alga kombu
25g katsuobushi

Per i noodles
1300g farina 0
50g farina integrale
27g kansui
540ml acqua
20g sale

Per i condimenti
Chashu
2kg pancetta di maiale (o spalla)
600ml salsa di soia
150ml di mirin
700ml acqua
sale

Ajitsuke tamago
5 uova
5 cucchiai di salsa di soia
5 cucchiai di mirin
15 cucchiai di acqua

*Gli ingredienti più difficili da reperire come kombu, katsuobushi e mirin li ho acquistati online su Zen market. 

Preparazione

Un giorno prima:

Preparare le ajitsuke tamago, uova marinate nella soia e mirin. Vanno preparate come un normale uovo sodo, ma devono bollire per 6 minuti per mantenere il tuorlo morbido. Trascorsi i 6 minuti tuffarle in una ciotola di acqua e ghiaccio per arrestare la cottura.

Mentre si raffreddano preparare la marinata unendo soia, mirin e acqua. Sbucciare le uova, metterle in un contenitore, ricoprire con la marinata, chiudere con coperchio ermetico e riporre in frigo. Le uova devono marinare per una notte e fino a massimo 2 giorni.

Per preparare il chashu, salare la pancetta di maiale da entrambi i lati. Arrotolarla più stretta possibile e fissarla con lo spago da cucina. Rosolarla in padella a fuoco alto, poi trasferire in una pentola dai bordi alti, coprire con soia, mirin, e acqua, coprire con un coperchio e cuocere a fuoco medio per 2 ore, girandola di tanto in tanto.

Arrotolare la carne fa sì che l’interno resti più morbido e umido, ma se non riuscite ad arrotolarla potete lasciarla così com’è, l’importante è che riusciate poi a tagliarne delle fette per guarnire il ramen.

Prima di riporre la carne, separarla dalla salsa di cottura e far raffreddare entrambe. É importante far raffreddare la carne prima di servirla altrimenti non riuscirete a tagliarla e le fette si romperanno. Inoltre la salsa ci servirà come tare per la zuppa, facendola raffreddare in frigorifero potremo eliminare il grasso che si condenserà in superficie.

chashu_tamago

Anche il brodo consiglio di prepararlo un giorno prima.

Far bollire l’acqua e cuocere maiale e pollo per 1 minuto. Scolare l’acqua e sciacquare le ossa con acqua corrente per 2 o 3 volte. In questo modo si fa una prima sgrassatura della carne.

Riempire nuovamente la pentola di 4 litri di acqua, aggiungere le ossa sbollentate, il macinato di maiale, l’alga kombu, cipolla, zenzero, porro e carota e rimettere sul fuoco. Cuocere a fuoco medio per circa 2h30, togliendo di tanto in tanto il grasso in superficie con una schiumarola. A questo punto aggiungere il katsuobushi e cuocere per altri 10 minuti a fuoco basso. Spegnere il fuoco, rimuovere le ossa e filtrare il brodo con un colino dalle maglie strette. Far raffreddare e poi conservare in frigo fino al momento dell’utilizzo. Raffreddandosi, il grasso si condenserà in superficie e sarà possibile rimuoverlo per sgrassare ulteriormente il brodo.

Il giorno stesso:

Il giorno stesso potete preparare i noodles per il ramen.

Mischiare il bicarbonato cotto e il sale e diluire con l’acqua. Mescolare la soluzione liquida alla farina. Amalgamare il tutto e ammassare con le mani. Noterete una pasta molto dura e asciutta, che quasi si sbriciola. Non temete perché a via di lavorarla si amalgamerà e i noodles risulteranno morbidi…serve solo molto olio di gomito!

Una volta ottenuta una palla di impasto più o meno omogenea, dividerla in più panetti e schiacciarli per passarli nella macchina della pasta ed ottenere delle sfoglie. Il procedimento è lo stesso della nostra pasta all’uovo. Le sfoglie di pasta vanno stese per 7-8 volte fino ad avere uno spessore di circa 1.5mm. 

Arrotolare le sfoglie così ottenute e dividerle a metà in due rotoli più corti. Srotolare i due rotoli, sovrapporli, piegarli a metà e tagliarli. In questo modo otterremo 4 strisce di pasta. Se sono ancora lunghe, ripetere l’operazione per ottenere 8 sfoglie più piccole. (In questo modo otterremo dei noodles della stessa lunghezza.)

Infine, passare le sfoglie nella macchina per la pasta per procedere al taglio. Io ho utilizzato il taglio tipo tonnarelli. Porre su un vassoio e spolverare con un po’ di farina per non farli attaccare.

noodles

Servire:

Scaldare il brodo precedentemente sgrassato e riportarlo a bollore. Aggiungere la salsa di cottura del chashu (la nostra tare) anch’essa sgrassata, unendola a piacere poco alla volta. Consiglio di assaggiare dopo ogni aggiunta per decidere se aggiungerne ancora o meno. Tenete conto che la tare deve insaporire il brodo ma il suo sapore non deve prevalere.

Intanto versare acqua bollente nelle ciotole per scaldarle. Cuocere i noodles in acqua bollente per 2 min e mezzo. 

Togliere l’acqua dalle ciotole, versare il brodo, scolare molto bene i noodles e metterli nelle ciotole.   Guarnire con il chashu tagliato a fette, il cipollotto finemente affettato e l’ajitsuke tamago tagliato a metà. 

ITADAKIMASU

Fonti
Complete Cooking Instructions of Ban Nai like Shoyu Ramen
Ramen chemistry
Anatomy of Ramen: Ramen Noodles from Scratch
How to make ramen at home
Homemade chashu
Ramen recipe 
Making ramen noodles
All about ramen
The serious eats guide to ramen styles
Kansui
Simply Ramen, Amy Kimoto-Kahn, Race Point Publishing
Ramen eggs

Cecamarini, ovvero frittelle di carnevale

CASTAGNOLE

“Cecamarini” è il nome delle frittelle dolci di carnevale tipiche del basso Lazio. Questa ricetta l’ho ripresa dall’ormai storico ricettario di mia mamma: una vecchia agenda riciclata per appuntare i segreti dei piatti di famiglia che gira per casa da anni ed anni. Questa è la versione dei cecamarini di Luisa, amica di famiglia ed appunto fonte della ricetta, che io ho solo leggermente rivisitato.

I cecamarini potrebbero facilmente esser scambiati per le più note castagnole, ma in realtà le due preparazioni nascondono alcune differenze. Infatti i cecamarini vengono fatti a partire da un impasto morbido in cui è presente anche il latte e che non è lavorabile a mano; al contrario le castagnole non contengono latte ed hanno un impasto sodo che viene lavorato a mano.

A proposito di latte e rivisitazioni, io ho escluso dalla preparazione il latte vaccino e l’ho sostituito con un latte di riso e mandorla senza zuccheri aggiunti, rendendo così le frittelle adatte anche a chi è intollerante al lattosio. Una valida alternativa può essere il latte di soia, di avena o altro tipo di latte vegetale. Sconsiglio latte già zuccherato ma nel caso aveste solo quello, potete usarlo facendo attenzione a ridurre la dose di zucchero dell’impasto.

L’ultima nota riguarda la Strega, il liquore utilizzato per aromatizzare il dolce. Io sono stata molto parsimoniosa nella dose, ma credo che dipenda anche dai gusti e da quanto vi piace l’aroma del liquore. Io ne ho usato solo 3 cucchiai, mia mamma ne usa mezzo bicchiere almeno. Se ne mettete di più aggiungete pari dose di farina.

Ingredienti
6 uova medie
5 bicchieri di farina
1 bicchiere di latte di riso e mandorla
1 bicchiere di olio di oliva (oppure di semi)
6 cucchiai di zucchero (potete arrivare a 7 o 8 se le preferite più dolci)
2 bustine di lievito per dolci
succo e scorza grattugiata di 1 limone non trattato
3 cucchiai di strega
abbondante olio di semi di arachide per friggere

Preparazione
In una ciotola unire gli ingredienti secchi: farina e lievito setacciati e zucchero. In un’altra ciotola sbattere le uova, aggiungere il latte, l’olio, il succo di limone e la sua scorza e la Strega.

Unire poco per volta gli ingredienti secchi a quelli liquidi, sempre mescolando per evitare che si formino dei grumi. L’impasto deve risultare morbido ma colloso.

Mettere a scaldare l’olio in una pentola dal bordo alto. L’olio deve essere abbondante per far si che le frittelle si girino da sole in cottura.

Una volta che l’olio ha raggiunto la temperatura potete iniziare con la frittura. Prendendo con un cucchiaio un po’ di impasto, farlo ricadere nell’olio bollente aiutandovi con un secondo cucchiaio. Un trucco per far staccare meglio l’impasto è ungere i cucchiai con un po’ di olio.

E’ importante non esagerare nella quantità di impasto altrimenti le frittele si doreranno all’esterno ma resteranno crude all’interno. Se avete abbondato con l’olio noterete che le frittelle si gireranno da sole, ad ogni modo dovrete tenerle d’occhio e se necessario girarle di tanto in tanto per evitare che non si coloriscano troppo.

Infine scolare su carta assorbente e passare nello zucchero semolato oppure spolverizzare con zucchero a velo.

 

 

Come fare una corona di Natale

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E’ da diversi mesi che penso a cosa realizzare per Natale. In ottobre, mentre ero su volo transoceanico di rientro in Italia, facevo schizzi del centrotavola che avrei voluto realizzare, immaginandolo con fette di tronco, candele e rami di abete.

Poche settimane dopo ho comprato il mio primo albero di Natale, il primo “da grande”, ed ha preso possesso del soggiorno già da metà novembre. Ed infine il mio Pinterest, che è ormai pieno di ricette natalizie ed idee di menù.

Insomma, il Natale mi affascina e mi rende una fucina di idee, ma questa volta non vi parlerò di qualche nuova ricetta da fare, perchè a dire il vero ultimamente non mi sono dedicata particolarmente alla cucina.

Ho deciso invece di condividere alcuni dei miei Christmas projects, perchè credo che qualunque cosa abbia a che fare con la creatività e soprattutto che mi tenga attaccata al pc a scriverne di domenica sera, si meriti uno spazio su questo blog.

E perchè ho bisogno di segnare una volta per tutte il diametro perfetto della corona di Natale, così l’anno prossimo eviterò di farmi assalire di nuovo dai dubbi.

L’avrete intuito, il primo diy che voglio documentare è proprio la corona di Natale, quella da appendere sulla porta o sul camino, per intenderci. E’ diventata  per me un appuntamento fisso negli ultimi anni, eppure pare che ogni anno io dimentichi come debba farla. Parto puntualmente titubante chiedendomi se non stia facendo qualche pasticcio, se i rami che ho selezionato siano della giusta dimensione e se la base di spugna che ho comprato abbia il diametro giusto. Così ho pensato che era giunto il momento di scriverne una volta per tutte la ricetta in un posto in cui avrei potuto conservarla con cura.

Occorrente
1 spugna floreale ad anello di 25 cm di diametro e con base in plastica (come questa)
forbici da potatura
guanti da giardinaggio
rami di abete
rami di pungitopo
pistola per colla a caldo con ricariche
stecche di cannella
bacche rosse (finte)
fette di arancia secche
pigne mignon leggermente sbiancate
copertura in plastica per il tavolo (opzionale)

Procedimento

1) Come prima cosa bisogna mettere la spugna in ammollo in una bacinella capiente e con abbastanza acqua da poterla ricoprire. Basta immergerla con la base in plastica rivolta verso l’alto e lasciarla in ammollo senza toccarla. In questo modo la spugna assorbirà acqua e rilascerà aria, andando pian piano a fondo.

2) Mentre la spugna è in acqua, se avete come me la fortuna di avere l’abete e il pungitopo in giardino, potete iniziare a raccogliere i rami che vi serviranno per la corona.

20161204_143419 E’ difficile indicare una quantità precisa, a me è servito un cesto di abete e mezzo cesto di pungitopo (inclusi un po’ di scarti), ma dipende anche dalla proporzione con cui volete usare i due tipi di pianta. Se vi rifornite da un fioraio, fatevi consigliare da lui sulla quantità di rami da acquistare. In generale vi serviranno rametti dai 12cm ai 6cm di lunghezza, considerando di utilizzare i più lunghi per la parte più esterna della corona ed i più corti man mano che ci si avvicina alla parte più interna. I rametti con più getti sono comodi perchè fanno più volume e velocizzano il lavoro, mentre i rametti senza altri getti sono ottimi per riempire i buchi. L’ottimale sarebbe avere la giusta quantità di entrambi.

3) Una volta raccolti i rami e con la spugna ben imbevuta, siete pronti per cominciare la corona. Posizionatevi su una superficie spaziosa, perchè occuperete molto spazio. Consiglio anche di proteggere la superficie con una copertura in plastica, che sarà anche più facile da pulire una volta finito.

4) Iniziate con il selezionare i rametti per il primo “strato” della corona, ossia quello più esterno e più vicino alla base. Per questo strato vanno selezionati i rametti più lunghi, considerando di infilare nella spugna circa 1,5-2cm della lunghezza del rametto. Per avete un risultato omogeneo, i rametti di ogni strato dovrebbero essere di lunghezza piuttosto simile.

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Prima di posizionare il rametto, eliminate gli aghi/foglie dalla parte da inserire. E’ utile anche tagliare il rametto in diagonale, in modo da creare una punta che faciliterà l’inserimento.

5) Potete ora iniziare ad inserire i rametti nella spugna, procedendo in senso circolare e posizionandoli ad una vicinanza tale l’uno dall’altro da non creare buchi. Terminato con il primo strato potete iniziare con il secondo e così via.  Il primo strato di rametti deve essere in orizzontale rispetto alla spugna e man mano che proseguite con gli altri strati dovrete seguire la curvatura della spugna ed inserirli a mo’ di ventaglio. La parte più interna sarà la più difficile da riempire, ma non è necessario coprirla tutta. Fermatevi quando tenendo la corona in verticale la spugna non sarà più visibile.

6) A questo punto siete pronti per sbizzarrirvi con le decorazioni. Inserite le bacche rosse a piacere per dare colore. Con la colla a caldo applicate anche le pigne, le fette di mela e di arancia e terminate con i bastoncini di cannella. Se non trovate la decorazione già pronta potete realizzarla voi incollando  sempre con la colla a caldo  3 stecche di cannella e legandole con un fil di ferro (coperto da un nastro a piacere) che vi servirà per fissarle nella spugna.

7) La vostra corona di Natale è finita ed è pronta per essere posizionata dove più vi piace. Le mie in genere durano per almeno 2 settimane.

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Se volete farne più di una, magari da regalare ad amici o parenti, ecco una seconda versione, fatta questa volta solo con rami di abete argentato:

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